La plastica è uno dei materiali più utilizzati nella fabbricazione dei prodotti. Tuttavia, il suo principale svantaggio è che ha un processo di decomposizione estremamente lento, che è dannoso per l’ambiente se smaltito in modo improprio. In questo senso, la plastica può impiegare dai 100 ai 1000 anni per degradarsi completamente a seconda dei componenti con cui è stata integrata. Tuttavia, è probabile che questo processo possa essere notevolmente accelerato grazie al lavoro svolto da un team di scienziati, che si è rivolto all’apprendimento automatico per raggiungere questo obiettivo.
Attraverso un articolo pubblicato sulla rivista Nature, si è appreso che un gruppo di ricerca dell’Università del Texas ha effettuato la modifica di un enzima per fargli acquisire la capacità di distruggere i singoli componenti del PET (polietilentereftalato), che è un tipo di plastica che fa parte del 12% dei rifiuti globali.
Il livello di efficacia di questo enzima era tale da ridurre il tempo di degradazione di questa plastica a una settimana; tutto questo all’interno di un processo noto come depolimerizzazione in cui i monomeri decomposti possono poi essere trasformati in plastica PET.
Grazie all’azione di questo enzima, il riciclo di grandi quantità di rifiuti di plastica sembra promettente, anche se per questo è necessario sviluppare una strategia che permetta di ampliare la portata di questo progresso tecnologico e di sfruttarne le potenzialità a livello industriale.
Riguardo alle capacità di questo processo, il professore di ingegneria chimica e autore dell’articolo, Vince Hal Alper ha sottolineato:
“Presenta vantaggi rispetto al riciclaggio tradizionale […] Se dovessi fondere la plastica e poi rimodellarla, inizieresti a perdere l’integrità della plastica ogni volta che passi attraverso il riciclaggio“.
Allo stesso modo, Halper ha affermato che dal 2005 è nota l’esistenza di enzimi in grado di abbattere la plastica, sebbene la loro azione sia efficace solo in determinate situazioni. Nel caso di questo enzima, Alper garantisce che possa funzionare a diverse temperature e livelli di pH. I ricercatori hanno in programma di testare l’enzima su diverse plastiche di tipo PET e da lì trovare un modo per massificarne l’implementazione.
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