Spesso immaginiamo l’illuminazione (satori o nirvana, a seconda del tipo di buddismo che studiamo) come un bulbo di coscienza che viene acceso una volta per sempre sul fondo delle nostre anime oscure. Ma secondo il monaco e maestro Zen Thich Nhat Hanh (fonte), l’illuminazione si ottiene sapendo come camminare e respirare. E questo non basta una sola volta: l’illuminazione è, più che un punto di arrivo, un percorso che si percorre nel presente e nella coscienza.
Nel libro Walking Meditation: Easy Steps to Mindfulness (link per comprarlo online), Thich Nhat Hanh e Nguyen Anh-Huong discutono di atti semplici come camminare o respirare alla luce del concetto di “mindfulness“.
Una rapida spiegazione di questa parola popolare può sembrare un’eccessiva semplificazione: mindfulness (consapevolezza) significa essere qui e adesso. Sembra facile, no? Quindi perché non possiamo vivere in uno stato di calma illuminata, come i monaci Zen? Secondo Thich Nhat Hanh, questo non è solo possibile, ma anche relativamente semplice. Per prima cosa vedremo come respirare con consapevolezza, poi guarderemo la meditazione ambulante (Walking Meditation).
La cosa importante della meditazione mindfulness non è il rituale, l’ora del giorno o il luogo, ma portare consapevolezza al respiro. Il nostro sistema respiratorio è un’ancora al presente, così come un percorso di ritorno alla chiarezza e alla pace che proviene dallo sperimentare il nostro corpo e il momento. Senza aspettare o esigere nulla. Tuttavia, a volte confondiamo “l’essere nel qui e ora” con il comportamento come robot o come versioni iper-razionali e distanti di noi.
I monaci, sebbene vivano in aree solitarie, non sono meno empatici con gioia e sofferenza mondane. Quando cammina (e, di fatto, quando fan qualcosa, anche il più quotidiano) il monaco Zen mette in gioco tutta la sua attenzione e tutta la sua volontà, ma (e qui è la cosa difficile) senza perdere la naturalezza.
Thich Nhat Hanh lo spiega in questo modo in diversi momenti del libro:
“Quando cammini con piena consapevolezza nei luoghi pubblici, respira sempre normalmente. Cammina lentamente, ma non troppo, perché non vuoi che gli altri pensino che sei troppo strano. Cammina un po’ più lentamente del solito, un po’ più veloce di quanto cammineresti a casa. In questo modo puoi goderti la pace e la serenità mentre cammini, senza far sentire a disagio le persone intorno a te”.
Thich Nhat Hanh, grazie ai suoi anni di lavoro con gli occidentali, sa sicuramente che la spiritualità spesso diventa semplicemente un altro accessorio che ci piace sfoggiare. I monaci, d’altra parte, non camminano tra le persone come se fossero superiori o “migliori” degli altri grazie alla loro pratica. Vivono l’intima e non trasferibile soddisfazione di essere in contatto con se stessi sempre e in ogni momento:
“Non pratichiamo il camminare con piena consapevolezza per sradicare il nostro dolore. Usiamo l’energia della consapevolezza per connetterci meglio con le nostre emozioni e sentimenti, per imparare ad accettarli. Praticando la respirazione e camminando con piena consapevolezza, sia la tua mente che il tuo corpo diventeranno naturalmente più leggeri, più calmi e più chiari”.
Fino a un certo punto, non possiamo impedire ai nostri pensieri e sentimenti irrazionali di sorgere e provocare determinate reazioni in noi. Quello che propone la meditazione ambulante di Thich Nhat Hanh non è reprimerli, ma riportarli al corpo, al qui e ora del respiro, e accettarli come parte di ciò che ci conforma.
Il mondo moderno ci prende tra l’ansia del futuro e la nostalgia per il passato. Camminare e respirare sono attività quotidiane che forniscono un percorso di consapevolezza e chiarezza al presente.
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