Una nuova scoperta scientifica apre le porte a una comprensione più profonda del sonno breve naturale: un piccolo gruppo di persone è in grado di riposare tra le 3 e le 6 ore per notte senza subire effetti negativi sulla salute o sulla produttività quotidiana. Questo fenomeno, osservato da tempo, è ora oggetto di studi genetici sempre più approfonditi. La prestigiosa rivista Nature ha riportato i risultati di una ricerca congiunta tra esperti statunitensi e cinesi, che hanno identificato una nuova mutazione genetica associata a questa capacità unica.
Secondo quanto dichiarato dalla professoressa Ying-Hui Fu dell’Università della California a San Francisco, il nostro organismo non si spegne durante il sonno:
“Il corpo continua a lavorare anche mentre dormiamo, eliminando le tossine accumulate e riparando i danni cellulari”.
Tuttavia, alcuni individui riescono a completare questi processi vitali in un tempo significativamente inferiore, senza compromettere il proprio stato di salute né le capacità cognitive.
Negli anni passati, la ricerca ha già individuato cinque mutazioni in quattro geni diversi legati alla capacità di dormire meno del normale. L’ultimo studio, pubblicato sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), ha identificato una nuova mutazione puntiforme, denominata N783Y, nel gene SIK3 (salt-inducible kinase 3), riscontrata in una volontaria di 70 anni che presenta un profilo di sonno corto naturale.
Per verificarne l’effetto, i ricercatori hanno introdotto la stessa mutazione in modelli murini. I risultati hanno mostrato che i topi geneticamente modificati dormivano in media 31 minuti in meno al giorno rispetto agli altri, con una riduzione che arrivava fino a 54 minuti dopo periodi di privazione del sonno.
Anche se i topi dormono circa 12 ore al giorno, questa variazione rappresenta una riduzione tangibile, anche se inferiore a quella riscontrata negli esseri umani. Gli scienziati ipotizzano che ciò sia dovuto al fatto che il sonno dei roditori è fisiologicamente più frammentato.
L’analisi bioinformatica ha rivelato che la mutazione N783Y provoca modifiche strutturali nel gene SIK3, riducendo la sua capacità di trasferire gruppi fosfato ad altre proteine. Questa alterazione biochimica compromette le normali funzioni del gene nella regolazione dei ritmi circadiani, influenzando direttamente la durata del sonno.
Secondo la professoressa Fu, lo studio di queste mutazioni genetiche in soggetti che dormono poco in modo naturale potrebbe aprire nuove strade per il trattamento dei disturbi del sonno, come l’insonnia cronica o l’ipersonnia. Comprendere i meccanismi genetici che regolano il sonno è essenziale per sviluppare approcci terapeutici personalizzati e innovativi.
Queste scoperte rappresentano un passo significativo verso una migliore comprensione della biologia del sonno, un aspetto ancora in parte misterioso della nostra salute. Con l’identificazione di nuove mutazioni e la loro analisi funzionale, la scienza si avvicina alla possibilità di ottimizzare il sonno umano attraverso la genetica e la medicina di precisione.
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