Un team di geologi dell’Università di Otago, situata nella città costiera di Dunedin (Nuova Zelanda), prevede di ridurre il consumo di carburante a base di carbonio e le relative emissioni di gas serra utilizzando il calore di un vulcano come risorsa energetica, estinto 11 milioni di anni fa e situato sotto l’isola meridionale del paese.
Per verificare se c’è abbastanza calore da sfruttare, i ricercatori hanno in programma di perforare due pozzi profondi 500 metri – uno nel centro di Dunedin e un altro sulla sua costa – che consentiranno di monitorare il flusso di calore del magma. Il team di scienziati spera di ricevere il sostegno per il loro progetto, del valore di circa $ 700.000, attraverso il programma “Smart Ideas” del governo della Nuova Zelanda.
Secondo il team di ricerca, “ci sono molti posti in cui il caldo è relativamente basso”. Le pietre nascoste a una profondità di un chilometro possono essere riscaldate a temperature comprese tra 50 e 100 gradi Celsius e “che possono essere utilizzate”. Vale a dire, l’energia potrebbe essere estratta pompando l’acqua di falda in un circuito e quindi utilizzata per riscaldare gli edifici.
“Non vogliamo sopravvalutare [questo piano] fino a quando non ne sapremo di più, ma anche se scopriamo che il nostro vulcano spento non è così caldo come pensiamo, l’idea può certamente essere utilizzata altrove”.
La Nuova Zelanda si trova nel cosiddetto Anello di Fuoco del Pacifico (Pacific Ring of Fire), un’area a forma di anello che copre circa 40.000 chilometri su entrambe le coste dell’Oceano Pacifico e ospita oltre il 90% dei vulcani del pianeta. A causa del costante movimento delle placche tettoniche, i paesi che la compongono spesso subiscono un’intensa attività sismica e vulcanica.
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