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Pensioni di reversibilità e di vecchiaia, ormai è deciso: cambia tutto, per l’Italia è ufficiale

Pensioni invalidità, vecchiaia e reversibilità 2025-2026: novità UE e Italia, aumenti, scostamento di bilancio e nuove regole in arrivo.

Le pensioni di invalidità, vecchiaia e reversibilità tornano al centro del dibattito politico ed economico, con novità che arrivano direttamente dall’Unione Europea e che l’Italia ha scelto di accettare. In un contesto segnato dall’inflazione e da una crisi economica persistente, le istituzioni comunitarie hanno approvato la possibilità di uno scostamento di bilancio per garantire nuove risorse da destinare agli assegni previdenziali. Si tratta di un passaggio significativo, che apre la strada a cambiamenti su importi e modalità di accesso.

Le modifiche previste per le pensioni

Secondo quanto emerso, le nuove disposizioni toccano tre categorie centrali: pensione di invalidità, pensione di vecchiaia e pensione di reversibilità. Il documento chiave è il Def 2023, approvato dal governo italiano e già discusso a Bruxelles, che anticipa misure da inserire nella prossima Legge di Bilancio. Il punto centrale riguarda l’autorizzazione europea a incrementare lo scostamento di bilancio, ossia la possibilità per l’Italia di spendere più risorse pubbliche rispetto a quanto preventivato. Questo strumento, che viene concesso in situazioni di emergenza economica, servirà a potenziare gli importi delle pensioni. L’obiettivo dichiarato è duplice: sostenere i pensionati e rilanciare i consumi, rafforzando così l’intera economia nazionale.

Pensione
Le modifiche previste per le pensioni – 3box.it

Gli aumenti non saranno uniformi per tutti. Il governo sta valutando misure differenziate che garantiscano priorità ai trattamenti più bassi, in linea con l’obiettivo di proteggere le fasce più deboli della popolazione. Allo stesso tempo, l’UE ha chiarito che non ci sarà spazio per un abbassamento generalizzato dell’età pensionabile. Le uniche eccezioni riguarderanno uscite anticipate legate a condizioni specifiche, ma con penalizzazioni sugli assegni per chi sceglierà di lasciare il lavoro prima. Il dibattito resta aperto anche sul fronte della sostenibilità. L’aumento stimato degli importi dovrà fare i conti con i limiti di bilancio e con la necessità di mantenere i conti pubblici sotto controllo. La discussione si intreccia così con la più ampia riforma fiscale, che introduce modifiche alle aliquote Irpef e incide indirettamente sul calcolo delle pensioni future.

Le decisioni UE e gli effetti attesi in Italia

L’approvazione dello scostamento di bilancio da parte dell’Unione Europea segna un punto di svolta. Per la prima volta da anni, Bruxelles apre a un margine più ampio di spesa sociale, con particolare attenzione alle pensioni. Questo avviene in un contesto di pressione economica, in cui i costi dell’energia e l’aumento dei beni di consumo hanno ridotto il potere d’acquisto delle famiglie. L’Italia, accettando la proposta, si impegna a destinare parte delle nuove risorse agli assegni previdenziali. Secondo le prime stime, gli importi delle pensioni minime potrebbero ricevere un incremento già a partire dal 2026, mentre i trattamenti superiori resterebbero soggetti a rivalutazioni parziali. Parallelamente, il governo ha già approvato il Decreto Lavoro, che proroga il contratto di espansione, consentendo uscite anticipate fino a cinque anni rispetto ai requisiti ordinari. Con il Decreto invalidità sono stati introdotti miglioramenti per le condizioni di vita di persone con disabilità e invalidi civili, un segnale di attenzione verso una categoria che da tempo chiede più sostegno.

Sul fronte della reversibilità, non ci sono modifiche strutturali immediate, ma il rafforzamento del bilancio consentirà di garantire maggiore stabilità ai trattamenti. Bruxelles, pur concedendo flessibilità, resta contraria a riforme che aumentino il peso strutturale della spesa previdenziale senza coperture certe. L’effetto più immediato sarà la possibilità per i pensionati di vedere assegni più consistenti già dal prossimo anno. Resta però il nodo della sostenibilità a lungo termine: l’INPS e il Ministero dell’Economia dovranno valutare come gestire i nuovi margini di spesa senza compromettere l’equilibrio dei conti pubblici.

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