Le opzioni del 2026 per andare in pensione - 3box.it
Le opzioni contributive che servono per andaee in pensione: ecco cosa si preannuncia per il 2026. Tutto quello che c’è da sapere.
In Italia, l’accesso alla pensione nel 2026 richiede il rispetto di requisiti sia anagrafici che contributivi, con alcune eccezioni che riguardano specifiche prestazioni assistenziali. La normativa vigente prevede numerose opzioni di pensionamento, diverse per età e anni di contribuzione, che spaziano da un minimo di 5 a un massimo di 43 anni di contributi. Di seguito, un quadro dettagliato delle possibilità per chi si interroga su quanti contributi servono per la pensione nel 2026.
La prima distinzione fondamentale riguarda la tipologia di pensionamento. Per accedere alla pensione di vecchiaia contributiva, ad esempio, è sufficiente aver maturato almeno 5 anni di contributi e aver raggiunto i 71 anni di età. Questa misura è riservata a coloro che hanno effettuato il primo accredito contributivo dopo il 31 dicembre 1995 e non prevede limiti sull’importo della pensione.
Per le pensioni ordinarie, invece, l’età contributiva minima è di 20 anni. Con questa anzianità contributiva si può:
Nel 2026, il pensionamento senza limiti di età è possibile per chi ha maturato una lunga carriera contributiva. Per la pensione anticipata ordinaria, infatti, sono richiesti 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, con una finestra di uscita di 3 mesi che nella pratica porta a un’effettiva contribuzione di circa 43 anni e 1 mese.
Una misura dedicata ai lavoratori cosiddetti “precoci” è la quota 41, che consente di andare in pensione con almeno 41 anni di contributi e la stessa finestra di tre mesi, indipendentemente dal sesso. Questa opzione è riservata a categorie particolari quali caregiver, persone con invalidità, addetti a lavori gravosi o usuranti e disoccupati.
È da segnalare che la quota 103 (che prevede 62 anni di età più 41 anni di contributi) potrebbe essere eliminata nel 2026, senza certezze su un suo possibile sostituto. Si ipotizza la nascita di una “quota 41 flessibile” che manterrebbe la soglia di 41 anni di contribuzione, ma con requisiti anagrafici ancora da definire.
Oltre alle forme ordinarie, esistono alcune misure in deroga che rimarranno attive nel 2026 e prevedono requisiti specifici. Ad esempio, la pensione per i lavoratori usuranti richiede 35 anni di contributi e consente l’uscita con 61 anni e 7 mesi di età, grazie alla cosiddetta quota 97,6. Tra le categorie coinvolte vi sono lavoratori notturni, operai alla catena di montaggio, conducenti di mezzi pubblici e altre attività elencate dalla legge.
L’APE sociale è un’altra misura confermata e rivolta a soggetti in condizioni di particolare fragilità: caregiver, invalidi, disoccupati possono accedervi con almeno 30 anni di contributi; per gli addetti a lavori gravosi sono richiesti invece 36 anni di contributi, con un’età minima di 63 anni e 5 mesi.
Un caso a parte è rappresentato dall’assegno sociale, una prestazione assistenziale erogata a chi ha almeno 67 anni di età ma non ha raggiunto i requisiti contributivi per la pensione. Si tratta di un sostegno economico legato alla condizione reddituale e non costituisce una pensione vera e propria. Per il 2025, l’importo pieno è di circa 538,69 euro mensili per tredici mensilità, esente da Irpef, con soglie di reddito che non devono essere superate per poter ottenere il beneficio: 7.002,97 euro annui per i non coniugati e 14.005,94 euro per i coniugati.
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