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L’altra faccia dello stress, ecco spiegato il burnout: quando sentirsi inutili al lavoro ti distrugge dentro

Non solo burnout: se ci si sente inutili a lavoro lo stress genera un altro tipo di condizione, ecco di cosa si tratta esattamente.

Nel panorama attuale delle dinamiche lavorative emerge un fenomeno psicologico che sta attirando crescente attenzione tra studiosi e professionisti: il rustout, una forma di disagio mentale ed emotivo legata a un senso di sottoutilizzo e stagnazione professionale. Questo malessere si distingue nettamente dal più noto burnout, che invece nasce dall’eccesso di carico lavorativo.

Rustout e burnout: due facce opposte del malessere lavorativo

Il termine inglese rustout descrive quella condizione di apatia, noia e demotivazione che colpisce chi si sente non valorizzato nel proprio ruolo. Mentre il burnout si manifesta con il sovraccarico di lavoro e con l’esaurimento fisico e mentale, il rustout deriva dalla mancanza di stimoli, dall’esecuzione di compiti ripetitivi e dalla percezione di non poter esprimere appieno le proprie competenze.

La ricerca condotta da Sabrina Fitzsimons della Dublin City University e David Smith della Robert Gordon University, pubblicata su The Conversation, ha analizzato il fenomeno coinvolgendo 154 educatori universitari di Regno Unito e Irlanda. I risultati evidenziano come il rustout sia causato da una stagnazione professionale continua e da un ambiente lavorativo che privilegia l’efficienza e i risultati concreti, a discapito del coinvolgimento e della crescita personale. Questo genera nei lavoratori la sensazione di essere invisibili o facilmente sostituibili, nonostante continuino a svolgere diligentemente i propri compiti.

Stress e lavoro
Quando il burnout diventa rustout – 3box.it

Gli studiosi sottolineano che il rustout non è sinonimo di pigrizia né di quiet quitting: chi ne soffre resta impegnato ma vive una profonda frustrazione, aggravata da un sistema burocratico che limita il tempo e le energie da dedicare agli aspetti più creativi o gratificanti della professione, come la ricerca o l’insegnamento personalizzato.

Un elemento chiave del rustout è il disallineamento tra le aspirazioni professionali e le richieste lavorative. Come emerso nella ricerca, molti educatori altamente qualificati e con esperienza significativa in ricerca, leadership e insegnamento si ritrovano a svolgere mansioni ripetitive e di scarso valore, lontane dalle loro competenze specifiche. Questo fenomeno alimenta un senso di inutilità e di perdita di scopo.

Nonostante la diffusione del rustout, a differenza del burnout, questo disturbo resta spesso un tabù nei luoghi di lavoro. Il silenzio che lo circonda può giovare nel breve termine alle istituzioni, evitando confronti difficili, ma nel lungo periodo rischia di compromettere la cultura aziendale, la motivazione interna e l’innovazione.

Impatto organizzativo e responsabilità delle aziende

Il riconoscimento del rustout come problema reale rappresenta una sfida per i datori di lavoro, chiamati a sviluppare politiche volte a valorizzare il potenziale di ogni dipendente. Il benessere psicologico non è solo una questione individuale, ma un fattore cruciale per il successo e la sostenibilità delle imprese.

Ambientarsi in contesti lavorativi che promuovano il coinvolgimento professionale, la varietà delle mansioni e la possibilità di crescita può contrastare efficacemente il fenomeno del rustout. Inoltre, la riduzione della burocrazia e la valorizzazione degli aspetti creativi e formativi rappresentano strumenti fondamentali per riportare entusiasmo e motivazione anche tra i lavoratori più esperti.

La crescente consapevolezza di questo problema, supportata da studi rigorosi e testimonianze dirette, spinge verso un cambiamento culturale necessario per affrontare in modo adeguato un malessere ancora poco visibile ma profondamente diffuso.

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