Fisco, danni a migliaia di italiani: ecco perché la rottamazione quinquies potrebbe non arrivare
Il Governo frena sulle misure fiscali più attese dai contribuenti: le risorse non bastano, tra tensioni internazionali e bilancio pubblico da difendere.
Il taglio dell’Irpef al ceto medio e la rottamazione quinquies rischiano di non vedere la luce nella prossima Legge di Bilancio, ad annunciarlo, in maniera netta, è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. La ragione principale è la scarsità di coperture, aggravata da un contesto internazionale complesso che limita la capacità di manovra dello Stato. Se fino a pochi mesi fa si parlava con certezza di interventi su tasse e cartelle esattoriali, ora lo scenario è tornato incerto.
Taglio Irpef al ceto medio, l’intervento promesso e i conti da fare
La riduzione dell’Irpef era stata annunciata da tempo come un passaggio obbligato per sostenere la fascia centrale dei contribuenti, quella che da anni sopporta un peso fiscale elevato. L’ipotesi più concreta prevedeva la discesa della seconda aliquota, applicata ai redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro, dall’attuale 35% al 33%. Per chi si trova al limite superiore dello scaglione, il beneficio sarebbe stato di circa 440 euro all’anno. Accanto a questa proposta, nel dibattito politico è circolata anche l’idea di ampliare lo scaglione fino a 60.000 euro. In questo caso i vantaggi sarebbero stati consistenti per chi rientra tra i 50.000 e i 60.000 euro di reddito, con un risparmio vicino al 10% dell’imposta dovuta. Ma i costi stimati hanno reso questa opzione difficile da sostenere.

Il problema principale resta il minor gettito fiscale: portare l’aliquota dal 35% al 33% comporterebbe per lo Stato una perdita stimata in circa 4 miliardi di euro. Una cifra enorme, difficile da compensare senza mettere a rischio i conti pubblici. Giorgetti ha parlato esplicitamente della necessità di “bonificare il bilancio pubblico” prima di procedere con qualsiasi riduzione strutturale delle imposte. A rendere la situazione ancora più delicata ci sono i riflessi delle tensioni internazionali, che pesano sull’economia europea e di riflesso su quella italiana. Il gettito Irpef, nel 2024, ha garantito allo Stato oltre 235 miliardi di euro: toccare questa entrata senza coperture certe significherebbe mettere a repentaglio la stabilità finanziaria.
Rottamazione quinquies, un’altra promessa che rischia di saltare
La seconda misura attesa, la cosiddetta rottamazione quinquies, era stata pensata per chiudere in modo definitivo le posizioni debitorie di milioni di italiani con cartelle esattoriali pendenti. Si parla di oltre 20 milioni di contribuenti con debiti arretrati, che per molti rappresentano una zavorra insostenibile. L’obiettivo era duplice: da un lato alleggerire il carico delle famiglie e delle imprese, dall’altro svuotare quello che viene definito “magazzino fiscale” dello Stato, cioè l’enorme accumulo di crediti difficilmente esigibili. Una soluzione che avrebbe consentito di voltare pagina su anni di contenziosi e rate non pagate. Ora però anche questa promessa rischia di rimanere solo sulla carta. Le risorse necessarie per finanziare l’intervento non sono state individuate e il ministro ha evitato di dare certezze. Si valuta una norma alternativa, definita “di chiusura delle relazioni su base pluriennale”, che permetterebbe di diluire i debiti nel tempo senza compromettere definitivamente i conti pubblici. Una formula che però non corrisponde a quella rottamazione secca che in tanti aspettavano.
La difficoltà nasce dal fatto che le coperture devono tenere conto anche di altre spese previste, come l’adeguamento dell’età pensionabile, che da solo vale circa 300 milioni di euro l’anno. Sommando tutto, il quadro complessivo supera di gran lunga le disponibilità attuali. Per questo motivo il destino della rottamazione quinquies resta legato al testo definitivo della Legge di Bilancio 2026, che sarà l’unico documento in grado di chiarire se ci sarà spazio per una misura concreta o se tutto verrà rinviato ancora.